La SEO sulla spiaggia: case di link costruite sulla sabbia

Cozza sorridente

E’ notizia di qualche giorno fa che una nota impresa internazionale di spaccio di tool, articoli e graduatorie di fattori di ranking per SEO e webmaster si è pubblicamente indignata del fatto che Google ha considerato di bassa qualità un link presente su una piattaforma di guest blogging appartenente all’azienda stessa.

I nomi sono irrilevanti e quindi non li farò. Ritengo che si possa imparare di più focalizzando la propria attenzione sul “cosa” e tralasciando il “chi”, pronome che spesso apre la strada a considerazioni più ideologiche e politiche che oggettive.

Approfittando allora del periodo estivo durante il quale sto scrivendo questo articolo, ho pensato di usare la metafora delle case costruite sulla sabbia per dettagliare un po’ la vicenda accennata sopra e per spiegare perché alcuni progetti su web sono inesorabilmente destinati a ricevere sprangate sui denti da Google, prescindendo da quanto sia importante il brand che vi sta dietro.

Il mio obiettivo è quello di chiarire alcuni aspetti tecnici dei criteri che stanno dietro alla classificazione dei link operata da Google.

Per garantire un pieno anonimato all’azienda le cui affermazioni mi hanno motivato a scrivere il presente articolo chiarificatore, attribuirò ad essa un nome fittizio e in linea col tono estivo-balneare dell’intero post. La chiamerò pertanto “LaCòz“.

Introduzione alla lettura

Chiarisco subito che in questo articolo non troverete critiche mosse ad alcun soggetto.

Ritengo che alcune affermazioni fatte da un’azienda molto popolare nel settore SEO potrebbero aver insegnato qualcosa di errato ai lettori e pertanto scrivo questo articolo nel tentativo di fare chiarezza su alcuni aspetti strettamente tecnici di come Google valuta i link. Spero che queste linee guida siano chiare ed utili.

Allo stesso modo, un altro soggetto che non sarà oggetto di critiche sarà Google perché, a prescindere da quanti mal di pancia vengono ai SEO a causa delle discutibili politiche penalizzanti seguite dal motore di ricerca, il mio obiettivo resta quello di contribuire alla diffusione di alcune linee guida SEO corrette, fondate per forza di cose su quanto Google gradisce e stabilisce.

Le basi: la penalizzazione manuale

Scrivo due righe sul tema della penalizzazione manuale per chi non ha mai affrontato questa tematica.

Quando un sito web subisce una penalizzazione manuale da Google, significa che del personale di un team antispam di Google si è preso la briga di valutare manualmente un sito web ed ha determinato che una o più caratteristiche individuate sul sito o sui link che puntano ad esso non sono in linea con le linee guida da seguire per concorrere alla visibilità nei risultati delle ricerche.

Breve nota a margine su un equivoco diffuso: i dipendenti di Google che svolgono questi controlli manuali non sono i famosi “Quality Rater”, i quali non sono dipendenti di Google ma collaboratori esterni con contratti temporanei e con mansioni diverse dalle valutazioni svolte dal team antispam di Google.

Quando il team antispam decide di prendere un provvedimento nei confronti di un sito, invia un messaggio sul pannello di Google Webmaster Tools associato al sito stesso. Se il webmaster ha attivato un’apposita opzione su GWT, il messaggio verrà recapitato anche all’indirizzo email associato all’account.

Il messaggio comunica che il team antispam ha notato caratteristiche non in linea con le linee guida di Google e, nel caso di link “non naturali” che puntano al sito, fornisce anche alcuni esempi di pagine di altri siti in cui esistono link che sono considerati non conformi alle linee guida.

Per esempio, io potrei trovare sul pannello di GWT associato a questo blog, LowLevel.it, un messaggio che mi comunica che una pagina di Repubblica.it contiene un link verso LowLevel.it ritenuto “non naturale”.

Al di là degli esempi specifici, che a volte vengono selezionati un po’ ad capocchiam, la reale utilità di questi esempi di risorse linkanti consiste nel far capire al webmaster la tipologia di link che Google non gradisce, in modo da poter fare una bonifica dei backlink del sito sapendo che tipo di roba andare a cercare e neutralizzare.

Questa era la dovuta introduzione, adesso passiamo alla specifica vicenda e alle informazioni che vi devo fornire per dare contesto ai fatti accaduti.

LaCòz!

Cozza sorridenteL’azienda LaCòz possiede e gestisce una piattaforma di guest blogging che accoglie articoli scritti da guest blogger su tematiche inerenti marketing e SEO, inclusa la tematica del link building.

Per darvi l’idea del profilo di contenuti di tale piattaforma di guest blogging e per fornirvi un’informazione sui temi più gettonati, ho calcolato il numero approssimativo (5 più, 5 meno) di articoli per ciascuna categoria del blog e ve li presento ordinati, con in cima le categorie più ricche di post.
Per i posteri: questi dati risalgono al 31 luglio 2014.

Categoria Numero di articoli
Search Engines 165
Link Building 160
Content 150
Social Media 140
Business Practices 135
LaCòz News 95
Analytics 90
Online Advertising 85
Public Relations 85
Technical SEO 75
Paid Search Marketing 65
Keyword Research 60
On-page SEO 55
Tools 55
Blogging 40
Events 40
Mobile 35
Advanced SEO 30
Branding 30
Design 30
Local SEO 25
Conversion Rate Optimization 20
Marketing Industry 20
E-Commerce 15
Marketing Psychology 15
Basic SEO 10
Consulting 10
International 10
Reputation Management 10
User Experience 10
Video 10
Competitive Research 5
Copywriting 5
Email Marketing 5
LaCòz Tools 5
Productivity 5
Reporting 5

Nota: la pagina della categoria “Link Building” è l’unica tra i 37 argomenti ad ospitare in cima una corposa introduzione al tema del link building, fornendo link a guide introduttive e ad articoli di approfondimento creati da LaCòz.

LaCòz contro Google!

Il “fattaccio brutto” ha avuto inizio quando un webmaster ha mostrato a LaCòz un messaggio di GWT in cui veniva comunicato che Google aveva individuato link “non naturali” che puntavano al suo sito. Nell’elenco di esempi di pagine web che contenevano questo tipo di link, appariva anche l’URL di una pagina web della piattaforma di guest blogging di LaCòz.

C’è di più: a costo di destabilizzarvi con un’imprevedibile rivelazione che coglierà di sorpresa anche i colleghi più scafati del settore SEO, la pagina web da cui proviene il link “non naturale” è un guest post della categoria “Link Building” del blog di LaCòz. Si tratta proprio di quella categoria molto gettonata dai guest-blogger di LaCòz e l’unica a meritare una bella introduzione a questo importante argomento.

L’ultimo particolare che devo fornirvi è che il sito che ha ricevuto il messaggio di backlink innaturali appartiene all’autore del post sul quale Google ha evidenziato la presenza del backlink non conforme alle linee guida.

Riassumento: un autore seriale di guest post della sezione “Link Building” del guest blog di LaCòz ha pubblicato un articolo su LaCòz e ci ha messo dentro un link verso il proprio sito web. Per altre ragioni , il tizio ha successivamente ricevuto da Google un avviso di penalizzazione per link innaturali e uno dei link di esempio è l’articolo che il tizio ha pubblicato su LaCòz.

LaCòz alla riscossa!

Preso atto che Google ha considerato un link su LaCòz “non naturale” e volendo mettere i puntini sulle “i”, un portavoce di LaCòz ha dunque pubblicato un comunicato ufficiale, facendo le seguenti principali affermazioni:

  1. I link provenienti dal guest blog di LaCòz non violano le linee guida di Google sulla qualità;
  2. Tutti i link che i guest blogger inseriscono negli articoli pubblicati su LaCòz sono di natura editoriale e vengono controllati da LaCòz stessa uno per uno prima di accettare la pubblicazione del post su LaCòz;

  3. Il link o i link creati dal guest blogger e ai quali presumibilmente Google si riferiva nel messaggio (ricordate che i messaggi di Google indicano URL di pagine, non forniscono il dettaglio di quali link nelle pagine sono fuori dalle linee guida) sono pienamente supportati dal portavoce di LaCòz;

  4. Viene supportato dal portavoce di LaCòz anche un link che il guest blogger ha creato ma che ha successivamente richiesto che fosse rimosso dal post, per ragioni che non vengono esplicitate;

  5. Il portavoce di LaCòz cita inoltre una discussione con Matt Cutts avvenuta mesi prima in cui quest’ultimo afferma che in media LaCòz linka a buoni siti e quindi non c’è molto da temere per la reputazione che Google si farà di LaCòz;

  6. Conclude ribadendo che il link creato dal guest blogger (non quello rimosso ma quello che è rimasto) era assolutamente editoriale, organico e intenzionale.

Con questo chiudo la cronaca del fatto ma prima di spiegarvi perché queste affermazioni insegnano un paio di lezioni molto errate su come Google valuta i link, ho deciso di proporvi il gioco SEO dell’estate, che si intitola “Scopri l’intruso”!

Il gioco SEO sotto l’ombrellone: scopri l’intruso!

Cane che legge un giornale in spiaggia

Di seguito vi descriverò due universi. Solo uno dei due universi è quello in cui esistiamo, l’altro può essere considerato reale solo leccando tanti tanti tanti funghi allucinogeni. Il gioco consiste nell’indovinare qual è l’universo nel quale viviamo!

Universo “A”

In questo universo, creare una piattaforma di guest blogging dedicata a SEO e link building produce un ambiente intrinsecamente scevro da manipolazioni e attrae soggetti disinteressati a trarre vantaggi di ranking attraverso le attività di guest blogging.

In questo universo il guest blogging non ha alcuna correlazione con il link building, perché il concetto di link building non esiste e la gente si limita a prendere atto dei backlink spontanei che riceve per merito. Auto-votarsi non è considerato etico e alcuni credono che faccia venire anche la scabbia.

In questo universo, gli autori dei guest post affondano le proprie radici culturali in una disciplina, la SEO, universalmente riconosciuta come esempio sommo di piena adempienza alle linee guida dei motori di ricerca.

In questo universo non esiste il detto “l’occasione fa l’uomo ladro” e tu lasci sempre la porta di casa aperta.

Universo “B”

In questo universo, creare una popolare piattaforma di blogging dedicata a SEO e link building aumenta esponenzialmente le probabilità che gli autori tenteranno di sfruttare la situazione per creare link di ogni genere verso i propri siti.

In questo universo, nonostante una piattaforma di blogging dedicata a SEO e link building sia tenuta in media di qualità alta dal gestore, prima o poi qualche link fuori dalle linee guida di Google verrà sicuramente pubblicato, semplicemente perché il tipo di selettività operata dal gestore è differente dal tipo di selettività operata da Google.

La reale condizione di alcuni link su LaCòz

Avete indovinato quale dei due universi è quello in cui viviamo? Si trattava dell’universo “B”, affettuosamente chiamato “shit happens“. E se crei una piattaforma di guest blogging, persino se selettiva, allora “double shit happens”. E se quella piattaforma è dedicata ad argomenti come la link building, allora si palesa un “reverse one and a half somersaults with three and a half twists shit happens”.

Ovviamente, di fronte ad un comunicato nato per tranquillizzare gli stakeholder di LaCòz, il sottoscritto s’è andato a guardare altri post della categoria “Link Building” di LaCòz per vedere se effettivamente la qualità asserita dal portavoce corrispondeva al vero. Beh, io ho trovato link di pupù. Non uno solo. Più di uno, frutto di una palese abitudine di qualche guest blogger a fare le cose in quel modo. Sono convinto che la presenza di questi link sia un’eccezione e non la regola, ma esistono.

Durante un’attività di bonifica del profilo dei backlink di un sito, il tipo di link di pupù che ho osservato deve inesorabilmente finire nell’elenco di quelli da segare via, attraverso rimozione fisica, nofollow o disavow tool. Perché? Perché è proprio il tipo di link che contribuisce a creare un profilo negativo del sito linkato ed è il tipo di link che Google non gradisce, come la vicenda di LaCòz dimostra.

Significa che LaCòz ha mentito? No no. Chiudendo un occhio e guardando da un’altra parte con quello rimasto aperto, possiamo anche concedere a LaCòz il dubbio della buona fede. La ragione è, più semplicemente, che i criteri di LaCòz sono quelli di LaCòz, non quelli di Google. Quindi LaCòz è magari davvero convinta che tutti i link sul proprio sito rientrino nelle linee guida di qualità di Google e questa convinzione se la porta dentro, insegnando anche ai propri lettori che quel tipo di link è in linea con le linee guida di Google e che quest’ultimo ha sbagliato a classificare negativamente uno di quei link.

Però uno degli obiettivi di noi SEO è quello di evitare che i siti web ricevano penalizzazioni, giusto? Quanto asserisce LaCòz per evitare un danno di immagine e di mercato, a noi non interessa. A noi interessa solo imparare una regola corretta sul link building, in modo da prendere decisioni benefiche per i siti web che curiamo.

Ed è a questo punto che bisogna chiarire un po’ di cose sul link building e sul modo in cui Google valuta manualmente i link.

Delle brutte convinzioni e lezioni SEO

Prima di ogni cosa va spiegato in quale modo le affermazioni di LaCòz non rappresentano un buon insegnamento alla comunità SEO e dei webmaster. La ragione principale è che il link segnalato da Google al guest blogger e quello che lo stesso guest blogger ha chiesto che fosse rimosso appartengono ad una “fascia critica”.

Chiunque di noi può formulare opinioni soggettive su quanto quei link siano compatibili con le linee guida di Google e LaCòz è libera di avallarsi in base alle proprie policy interne, ma è importante capire che alla fine della fiera le decisioni SEO sui link vanno prese immedesimandosi in quello che desidera Google, non sulla base di ciò che desideriamo noi.

Di conseguenza, mi sento di suggerire cautela e vi chiedo di fare attenzione a quanto si può imparare da soggetti che vivono un conflitto di interesse tra insegnare le cose giuste alla propria platea e dover mantenere limpida l’immagine di una piattaforma di guest blogging dedicata anche a link builder.

Poi esistono brutte lezioni e convinzioni di cui LaCòz non è responsabile ma, al contrario, è vittima.

Per esempio, dopo il comunicato pubblicato dal portavoce di LaCòz, mi è capitato di leggere sui social network commenti di questo tipo: “Se questo può capitare ad un sito come LaCòz, figuriamoci ai piccoli siti.”. Ecco, questo è un pensiero che è fondato su alcune falle SEO consistenti e che può venir fuori dalla testa solo in due casi:

  • Se si crede che la valutazione manuale di un link si basi sulla presunta autorevolezza del sito su cui il link è pubblicato;
  • Se si crede che i siti presumibilmente autorevoli possiedono un “free pass” di fronte ai controlli manuali antispam.

Le cose non stanno per niente così.

Il suddetto pensiero è fallato anche per una terza ragione, ovvero perché parte dall’errato presupposto che l’indicazione di un link non naturale comporti una svalutazione del sito linkante da parte di Google, cosa che non è necessariamente detta. Ma iniziamo con le precisazioni…

Google valuta il link, non il sito linkante

Limitatamente al contesto dei messaggi che segnalano una penalizzazione, gli esempi di pagine linkanti che il dipendente di Google invia al webmaster sono un’informazione sul tipo di link che Google non desidera, non un’opinione sul sito linkante.

In un mondo ospitante solo SEO svegli, a nessuno verrebbe in mente che un link non naturale individuato su LaCòz equivale ad un giudizio di Google su LaCòz. In questo articolo ho usato l’intestazione “LaCòz contro Google” con ironia per rimarcare l’assurdità di questa visione “X contro Y” ma sia ben chiaro che Google non ha in nessun modo espresso un giudizio su LaCòz.

Il giudizio riguarda dunque il link stesso, non il sito che lo ospita. Purtroppo non tutti i SEO ed i webmaster colgono questa differenza e allora LaCòz rischia di passare tra i webmaster per un sito spammoso, col risultato che è costretta a pubblicare un comunicato di precisazioni.

Nessun sito ha un “free pass”

Non esistono cartellini “esci gratis di prigione” e non esistono sconti per siti popolari solo perché sono popolari: se un link sgradito a Google è presente su un sito popolare o autorevole, rimane un link sgradito a Google.

Se esistessero “free pass” per i siti autorevoli, avverrebbe una catastrofe sui risultati di ricerca: basta dare un’occhiata ai risultati della query [site:edu buy cialis viagra levitra] per realizzare che ci sono un mucchio di serissimi siti che sono piagati da spammer e link spamming della peggiore fattezza.

La decisione di Google (e dei motori di ricerca in genere) di stimare la qualità di un link focalizzandosi sul link in sé consente di trattare tutti i siti in modo paritario e non esiste presunta autorevolezza che possa automaticamente trasformare un link sgradito in un link accettabile.

Nessun sito ha outbound link perfetti

A prescindere da quanto qualcuno asserisca, mantenere un sito 100% pulito sotto l’aspetto della qualità degli outbound link (link verso altri siti) è irrealistico per almeno due ragioni.

  1. Ciascun link non è buono oppure cattivo; questa classificazione “binaria” è fuorviante. Un link può anche essere stimato “in odore di spam” in modo parziale, secondo una percentuale di probabilità. Pensare che tutti i link uscenti di un sito siano perfetti, tutti classificati come “100% naturale” è un grande atto di ingenuità che non trova riscontro nel modo in cui i motori di ricerca valutano i link sul web.
  2. Il web è in continua mutazione e nel corso del tempo i siti web cambiano proprietari e contenuti. In linea puramente teorica bisognerebbe revisionare periodicamente anche i link pubblicati nel passato, per accertarsi che i contenuti del sito linkato non siano cambiati del tutto, ma l’attività risulta complessa e costosa. Il fatto che un sito possieda un controllo editoriale che valuta quanto viene pubblicato oggi non è sufficiente a garantire che in futuro la qualità dei link uscenti rimarrà costante.

Il mio suggerimento, pertanto, è quello di non farsi troppe pippe mentali sulla perfezione degli outbound link di un sito, perché è un obiettivo non raggiungibile nella pratica. Partite invece dal presupposto che ciascun link verrà stimato “naturale” con una percentuale di probabilità e cercate di mantenere questa percentuale alta.

Fare guest blogging per linkare i vostri siti è una cattiva idea

Su questo argomento s’è già pronunciato Google ma anche prima che si pronunciasse i SEO più intelligenti devono aver capito il rischio, perché tutto è correlato con la linea guida principale impartita da Google: piantatela di crearvi i backlink da voi!

Poi ognuno di noi può dissentire e ci possono stare eccezioni alla regola, ma la regola rimane quella.

Un link “Editoriale e intenzionale” non implica “naturale”

Il fatto che un link sia intenzionalmente creato da un link builder ed il fatto che lo stesso link venga approvato dall’organo editoriale del publisher non rende automaticamente il link gradito a Google. Bisogna vedere se il publisher valuta i link con gli stessi criteri con cui li valuta Google e bisogna vedere se le intenzioni dietro la creazione del link erano di spammare oppure no.

Io posso intenzionalmente darti una martellata in testa e posso pure trovare qualcuno che approvi, ma questo non rende il mio gesto intrinsecamente etico.

A volte è difficile per un valutatore stabilire l’intento dietro ad un link, ma c’è un elemento che aiuta moltissimo a chiarirsi le idee: l’attitudine del soggetto valutato.

Non è una questione di link ma di attitudine

Focalizzarsi troppo a capire che tipo di link Google gradisce o non gradisce può essere anche fuorviante.

In fase di una valutazione manuale da parte di un dipendente di Google, l’obiettivo è capire se il webmaster “ci ha provato”, ovvero se ha utilizzato tecniche di link building per far aumentare la visibilità del proprio sito nei risultati di ricerca.

Questo obiettivo viene perseguito costruendosi un “identikit” del profilo dei backlink del sito e cercando di capire quanti di quei link sono stati creati più o meno indirettamente dai soggetti che ne beneficiano e quanti possono invece essere considerati un riconoscimento spontaneo ricevuto da terzi.

Il guest blogger che ha ricevuto la penalizzazione possedeva un profilo di link critico e lo specifico link proveniente dal suo guest post su LaCòz non era probabilmente un link più determinante di altri; era semplicemente un link che confermava ulteriormente la tesi che ‘sto tizio va in giro sul web a mettere link verso i propri siti.

La lezione da trarne è: occhio, che le analisi algoritmiche sono di tipo strettamente tecnico, ma le analisi umane sono invece interessate all’attitudine del soggetto che viene valutato. E’ una questione di pubbliche relazioni, non di link, e per uscire dalla penalizzazione bisogna dimostrare a Google di aver capito che tipo di link (non) rientrano nelle loro linee guida.

Popolare non vuol dire autorevole

A prescindere dal caso specifico preso come esempio in questo articolo, vi invito a pensare al fatto che tutti ‘sti articoli SEO che girano sul web e che sono dedicati alle tecniche di link building possono essere stati scritti anche da persone che in realtà si fanno pure penalizzare per link non naturali.

Il mio consiglio è quello di non partire dal presupposto che i siti più popolari ospitino le lezioni SEO più benefiche. Spesso è così, ma dipende dallo specifico autore, non da quanto il sito è popolare.

La realtà dimostra che sulla categoria dedicata al link building di un sito popolare, riesce a scriverci persino gente che non ha nemmeno chiaro il tipo di link che Google non gradisce.

Questa è una delle ragioni per le quali Google ha dichiarato di essersi posto l’obiettivo di sviluppare un algoritmo che attribuisca un peso ad un articolo prevalentemente in base di chi lo scrive, non tanto in base alla popolarità del sito sul quale viene pubblicato.

Le case costruite sulla sabbia

Una casa costruita sulla sabbia

Torno al gioco SEO sugli universi paralleli per chiudere l’articolo.

Preso atto dell’universo nel quale viviamo, vi chiedo: ma che conseguenze volete che possa avere quello di creare una piattaforma di guest blogging in cui uno dei temi più importanti e gettonati è il link building? In altre parole, che tipo di ambiente credete che possa nascere da questa iniziativa?

Adesso non è il caso di attaccare con un pippone gigante sulla storia della SEO e sulla cultura della SEO ma credo che sia doveroso prendere atto che parte della nostra cultura affonda le radici in attività di spam e che esistono alcuni contesti che, più di altri, attraggono soggetti più inclini allo spam come le mosche sono attratte dal miele.

Cerchiamo quindi di prendere coscienza degli ambienti che frequentiamo, cerchiamo di valutare su che tipo di terreno poggiano, specie se è a quegli ambienti che abbiamo deciso di mettere in mano la nostra formazione SEO.

(la foto della casa sulla sabbia è di Judy Baxter)

Conclusione

Se acquistate un’auto usata da una ditta che si fa chiamare “Honest Joe Used Cars”, ricordate che l’appellativo “Honest” se l’è attribuito da sé. Stateve accuort.

P.S.
Pensavo che sarebbe interessante parlare di argomenti simili in qualche evento. Giusto per dire.

27 Responses to La SEO sulla spiaggia: case di link costruite sulla sabbia

  1. Francesco Margherita scrive il 1 August 2014 at 10:07

    Ciao Enrico, si è chiaro che Google non vuole che i link siano costruiti, però c’è un altro aspetto che sto studiando da un po’ e sul quale ti chiedo lumi: il link è un vettore che collega due documenti sul web. Conterà qualcosa pure “cosa c’è scritto” in questi documenti? Nel senso, il valore del link dipende solo dall’anchor, dalla pertinenza e dalla qualità del sito da cui parte, oppure contano in qualche modo anche i significati espressi complessivamente?

    • LowLevel scrive il 1 August 2014 at 11:35

      @Francesco Margherita: Ciao Francesco, purtroppo non abbiamo molte informazioni su quali segnali vengono distribuiti attraverso il link graph. Non ho mai trovato documenti tecnici di Google riguardanti una possibile estensione dei segnali trasmessi dai link e l’unico documento tecnico sul software usato da Google per gestire il link graph, Pregel [PDF], fa solo un esempio accademico di distribuzione del PageRank, secondo la formula vecchia, che è per certo cambiata.

      L’unico riferimento esplicito ad un “topical PageRank” è stato fatto recentemente da Matt Cutts in questo video e, in base all’esempio citato, anche questa volta il tema sembra essere definito solo dal testo dell’ancora del link.

      Quindi al momento, io non ho evidenza dell’esistenza della trasmissione di un tema della pagina, per come può essere definito analizzando tutto il suo testo interno. Sono certo che un modello del genere sarebbe un po’ critico, specie per i siti molto popolari: la maggior parte di link verso Google non provengono da pagine che discutono di motori di ricerca.

  2. Daniele scrive il 1 August 2014 at 10:49

    Intanto grazie per questa esaustiva spiegazione del caso. Pensa che, non conoscendo bene cosa fosse realmente accaduto, avevo dato ragione ai tipi.
    Ora è tutto più caro.

    Ovviamente penso anche io di vivere nell’Universo B e non mi sognerei mai di creare una piattaforma di guest blogging: i guest post, per quanto mi riaguarda, si scrivono solo in un modo.

    I guest post che accetto, come da linee guida, non devono contenere link interni, tranne rarissime eccezioni. Il link se lo beccano nella bio finale (e forse ci sarà da temere anche in quel caso).

    Un po’ mi preoccupa questa storia che ogni link potrebbe non essere puro. I link esterni che inserisco nei miei post sono tutti per offrire risorse. Ma resta da vedere come li vedrà Google.

    Il “piantatela di crearvi i backlink da voi” è una filosofia più che giusta, oggi. E in effetti non si parla ora di link earning e non più di link building vera e propria?

    • LowLevel scrive il 1 August 2014 at 11:56

      @Daniele: Non ti preoccupare per il fatto che Google possa stimare una “percentuale di qualità” (o naturalezza) di ciascun link. Si tratta di un aspetto strettamente tecnico, legato a come i calcoli vengono fatti. E’ un modello di calcolo applicato all’intero web e quindi non è penalizzante o premiante per nessun soggetto/sito specifico. 🙂

  3. Matteo Landi scrive il 1 August 2014 at 11:31

    Considerazione lucida che non fa una piega.
    Google ha dato seguito al monito “piantatela di crearvi i backlink da voi!”, e dal pinguino in avanti sta sprangando seriamente. Conclusione: Vendere servizi di web marketing è dannatamente più complesso (per creare risultati ci vuole + tempo e i clienti ne hanno sempre meno), quindi molti webmaster se la prendono con Google, aspettandosi un po’ di collaborazioni umane, senza trovarle.
    A volte a torto, a volte giustamente.
    Parlare con un sordo che ha sempre ragione e ogni tanto cambia idea può diventare frustrante. Comunque per “LaCòz” ci vuole il marchio registrato, già comprato il dominio?;-)

  4. Matteo scrive il 1 August 2014 at 13:23

    Grazie per il post e per aver fatto chiarezza sul fatto che un link non implica che l’intero sito sia spammoso!
    Purtroppo questa cosa mi è già capitata diverse volte e ho spiegato al webmaster che non è il mio sito ad essere il problema, ma come si è linkato (anchor text perfetta).

  5. Spam! scrive il 1 August 2014 at 17:14

    Ciao Enrico interessante articolo, ti seguo piu’ per il modo di scrivere, ma senza togliere nulla ai contenuti! Non ci hai dato nessuna indicazione sul tipo di link, ma suppongo sia anchor-text su key senza = nofollow… e se la valutazione di Google non si basasse più su questo? Se la valutazione di un link fosse basata su bounce-rate, visite referral e tempo di permanenza… se fossero questi i parametri di valutazione? adesso facciamo un test!

  6. Gabriele scrive il 1 August 2014 at 18:39

    Ciao Enrico, volevo solo proporti una piccola correzione:

    “parte della nostra cultura affonda le radici in attività di spam e che esistono alcuni contesti che, più di altri, attraggono soggetti più inclini allo spam come le mosche sono attratte dal miele.”

    Ecco… penso solamente che le mosche siano più attratte dalla pupù che dal miele…

    • LowLevel scrive il 2 August 2014 at 08:31

      @Gabriele: Grazie della segnalazione. Quella mia frase è in effetti una palese conseguenza di un ingorgo delle sinapsi. Il modo di dire che avevo in testa era “andare come le mosche al miele”, che esiste sul serio. Purtroppo poi nella mia testa è stato modificato come riportato nella frase. Lascio il testo così com’è, a testimonianza di come mi (s)funziona il cervello.

  7. Claudio De Paolo scrive il 1 August 2014 at 23:59

    Per me ormai da qualche anno inbound link solo nofollow e si taglia la testa al toro. Sarei curioso di vedere cosa accadrebbe se tutti facessero allo stesso modo. Big G sarebbe in grado di valutare comunque un sito? Ci sta lavorando ma credo che ancora non sia pronto.

    • LowLevel scrive il 2 August 2014 at 08:35

      @Claudio De Paolo: Google dipende ancora pesantemente dalla link analysis. In un video, Matt Cutts ha affermato che hanno fatto un test interno provando ad ignorare la link analysis e a valutare la qualità media delle SERP. Il risultato è stato che, escludendo i segnali che provengono dai link, la qualità delle SERP si abbassa. Convengo con te che, quand’anche decidessero di risolvere il problema del link spam alla base, come ha già fatto Yandex in un suo test, i tempi da attendere per ottenere buoni risultati saranno probabilmente lunghi.

  8. Carmelo scrive il 2 August 2014 at 01:23

    Credo che abbia ragione ma io cambierei = mosche in api anzichè = miele in pupù

  9. Carmelo scrive il 2 August 2014 at 01:33

    spiego il test altrimenti dopo non vale… in questo post ci sono 4 key rilevanti: Link = 149 ripetizioni + Google = 69 ripetizioni + SEO = 42 ripetizioni + Spam = 18 ripetizioni… se ho visto giusto il mio sito a breve diventerà rilevante per queste 4 keywords.

    • LowLevel scrive il 2 August 2014 at 08:54

      @Carmelo: Ciao Carmelo. I link citati nell’articolo erano tutti privi di nofollow. Non ho citato volutamente il testo delle ancore dei link oggetto della vicenda o dei link che ho poi scovato io facendo una valutazione del sito. Non so quanto il testo dell’ancora del link segnalato da Google corrispondesse ad una query competitiva, perché era dedicato ad un settore che non conosco. La mia impressione è che, più che sul testo dei link, la valutazione manuale operata da Google sia stata influenzata sopratutto dall’attitudine del guest blogger, che era un po’ troppo abituato a sfruttare la piattaforma di guest blogging per creare link verso il proprio sito.

      Che l’analisi dei link possa sfruttare segnali che noi non conosciamo è plausibile. In particolare, cercare di capire quanto un link viene effettivamente cliccato dagli utenti è sempre stato un vecchio obiettivo di Google (la vecchia formula del PageRank era un primo passo verso questo obiettivo). Tuttavia Google non possiede informazioni di traffico sull’intero web e quindi è improbabile che abbandoni segnali “classici” e abbondanti per fare analisi su dati più ambigui e meno disponibili. Matt Cutts ha detto un paio di volte che al momento Google Analytics è un prodotto a parte e che il team Search non sfrutta quelle informazioni. Sul futuro, ovviamente, non si può mai sapere. 🙂

    • Carmelo scrive il 2 August 2014 at 10:52

      Hanno fatto questo per un link nofollow? questa é una conferma alla mia teoria! da circa 1 anno sto’ conducendo vari test sui backlink fatti in tutti i modi possibili, anchor-text, link su immagine, iframe, frameset, onclik javascript, redirect, target (top, blank), aggiunta di link relation (bookmark), con o senza underline, strong, big, italic, strike, etc.

      Ho anche notato che su GWT adesso i link (circa 1 anno) sono elencati sotto la voce = Traffico, prima non erano sotto quella voce, poi ho anche notato che è possibile associare Analytics alle proprietà di Google Webmaster Tool.

      Molti SEO parlano di segnali social, da cui Google sarebbe in grado di stimare se il numero di links ricevuto in un dato periodo sia un evento naturale o artificiale… ma é anche vero che tutti i social network, tramite il file Robots.txt, impediscono la rilevazione di interazioni, anche perché fanno parte di sessioni di navigazione.

      Quindi, la condivisione di un link sui social network (a parte Google+) si può identificare solo se produce visite referral. Io credo che Google continui a considerare Pagerank, tematica del sito, relazioni, link graph e tutto quello che vuoi.. ma è il numero di click che un link ottiene il parametro di misura ideale, perché i click sono segnali del gradimento o meno degli utenti sulla risorsa linkata!

    • LowLevel scrive il 3 August 2014 at 08:50

      @Carmelo:

      Hanno fatto questo per un link nofollow?

      No, era un link senza nofollow.

    • Carmelo scrive il 3 August 2014 at 11:01

      Allora ho letto male… cmq se un link nofollow non viene seguito dal crawler o spyder perchè me li ritrovo tutti come = link che rimandano al tuo sito?

      1) Nofollow è un indicazione, non è una direttiva come = disallow!

      2) Gli utenti non fanno distinzione tra link follow e nofollow, quello che attira l’attenzione viene cliccato!

      3) Se un link non è ritenuto valido basta non considerarlo, c’è bisogno di inviare messaggi terroristici? tipo = se non lo togli ti penalizzo!

      Tutto questo dimostra l’incapacità di Google a gestire tutti quei Link da cui dipende la sua infrastruttura… io anche ho ricevuto messaggi del genere… tipo eliminare il link dal footer da una decina di siti web… li ho semplicemente ignorati.

      Non li elimino per nessun motivo, quella è la mia firma e da quei link ricevo il miglior tipo di traffico a conversione (contatti).

    • LowLevel scrive il 3 August 2014 at 11:47

      @Carmelo:

      > se un link nofollow non viene seguito dal crawler o spyder perchè me li ritrovo tutti come = link che rimandano al tuo sito?

      Perché Google Webmaster Tools non fornisce solo informazioni su quanto fa il motore di ricerca, ma anche informazioni più generiche, legate a quello che è stato trovato sul web. Sul pannello di GWT ci trovi infatti i “link che rimandano al tuo sito” non i “link che il motore di ricerca prende in considerazione”. I portavoce di Google hanno tentato più volte di correggere questo equivoco spiegando che GWT mostra un po’ di tutto, poi quello che fa il motore di ricerca è un’altra questione.

      > Nofollow è un indicazione, non è una direttiva come = disallow!

      La direttiva nofollow è, da quando è stata creata nel 1998, una direttiva del Robots Exclusion Standard. All’epoca poteva essere impartita solo attraverso il meta tag ROBOTS, rendendo nofollow tutti i link della pagina. Negli anni successivi, i motori di ricerca si sono inventati un modo per attribuire la direttiva solo a specifici link, attraverso l’attributo rel. Ma si tratta sempre dello stesso tipo di comando, che è considerato abbastanza ferreo e per questa ragione Google si limita a togliere i link nofollow dal link graph (all’atto pratico è più probabile che li contrassegni con un flag “ignore” ma il risultato sugli algoritmi è lo stesso). Diciamo che è ferreo alla pari di quanto può essere ferreo un “noindex”. Poi qualche motore di ricerca che se ne frega si può sempre trovare, ma questo è un altro discorso.

      D’accordo sulle tue successive considerazioni e sulla corresponsabilità di Google. Nell’articolo non entro nei contesti politici perché ho notato che alla gente piace attribuire responsabilità agli altri (mai a sé stessi) e che questo sport può essere praticato già in molti altri luoghi del web. Su LowLevel.it cerco di investire il mio tempo facendo sopratutto didattica; di blog che seguono “un’agenda politica” ce ne stanno già tanti.

  10. Francesco D'Agostino scrive il 3 August 2014 at 12:50

    Ciao Enrico,
    letto tutto. Scrivi che Google vuole “sviluppare un algoritmo che attribuisca un peso ad un articolo prevalentemente in base di chi lo scrive”.

    Come viene valutato “chi lo scrive”? Non c’è il rischio che il peso di un autore venga determinato indirettamente dagli stessi fattori che determinano il peso di un articolo o di una pagina?

    • LowLevel scrive il 3 August 2014 at 13:01

      @Francesco D’Agostino: Ciao Francesco, hai ragione a chiederti se quel rischio esiste. Se l’è chiesto anche AJ Kohn e Matt Cutts ha risposto in questo video.

      Come vedrai dal video, i segnali su cui ci si basa sembrano essere più o meno quelli sempre usati da Google e a cambiare dovrà essere quindi la metodologia di “estrazione di significato”, che stavolta ha l’obiettivo di definire autorevolezza e non popolarità.

      La faccenda è talmente complessa che son due anni che Matt Cutts continua a dire: “E’ difficile, ci stiamo ancora lavorando”. Credo che quello stesso rischio che avverti tu lo abbiano ben presente anche i ricercatori di Google, col risultato che non sono ancora riusciti a trovare una soluzione che salvi capra e cavoli.

    • Francesco D'Agostino scrive il 3 August 2014 at 13:25

      Grazie della risposta e del video, Enrico.
      Faccenda complessa quanto affascinante.

    • Carmelo scrive il 3 August 2014 at 13:38

      @Enrico Altavilla

      Confesso che ci ho provato!  Ti sembra che non sappia queste cose? io ho riportato un po’ il pensiero comune dei webmaster in generale, che oggi si trovano in una situazione paradossale… tempo fa’ venivano contattati per scambiare links oggi per eliminare quelli che hanno inserito!

      Non eliminateli solo perché lo dice chi lo dice… se questi link vi portano delle visite!

      Cmq se il nofollow é una direttiva, Google é rimasto indietro di anni con la links-graph perché oggi il 99% dei links sono nofollow! Per questo si vedono siti del tutto obsoleti ai primi posti?

      Solo per citare un esempio = http://www.motoridiricerca.it

      Se Google non fosse un ecosistema fatto di tanti canali di ricerca, quelli offerti sarebbero i peggiori risultati di questo mondo, Bing è 10 volte migliore in questo!

    • LowLevel scrive il 3 August 2014 at 13:55

      @Carmelo:

      > oggi il 99% dei links sono nofollow!

      Non so quale sia la fonte che ha analizzato il web e da cui hai ottenuto questo dato, ma Google fa continue statistiche di quanto osserva sul web e questo è quanto ha affermato un paio di anni fa per bocca di Matt Cutts riguardo i nofollow (il neretto è mio):

      And the fact is, that’s a little bit of a bubble in my opinion, in the SEO industry, because if you look at the actual percentage of Nofollow links on the web, it’s a single digit percentage. In fact, it’s a pretty small single digit percentage.

      Fonte: Matt Cutts: Nofollow Links Are Small, Single Digit Percentage Of Links On The Web

    • Carmelo scrive il 3 August 2014 at 14:14

      L’ho preso dal piccolo campione di siti web analizzati finora, circa 150 cioè siti dove ho avuto accesso ai dati di GWT! considerando i blog in particolare, il 99% dei links esterni sono nofollow per impostazione predefinita (wordpress) e stavo pensando di rendere tutti i link dei commenti follow in un blog in particolare (settore moda) perchè sono tutti moderati e portano a siti a tema! Sono circa 20.000 commenti (con link) e mi chiedevo come reagirebbe Google?

  11. fifamomentum scrive il 4 August 2014 at 08:49

    Ciao Enrico, non mi è chiara una cosa: il tizio che ha ricevuto il cartellino giallo da Google utilizzava la piattaforma di quel famoso sito per creare post che puntavano al suo di sito. Il valutatore umano di Google ha ritenuto la pratica sconveniente, ok, fin qui tutto fila. Quello che ti chiedo è di ipotizzare che l’amico in questione, intendo il creatore del post, usi uno pseudonimo o che effettivamente un soggetto terzo scriva un post sul grande sito di riferimento seo e faccia puntare link verso il sito personale. Anche in questo caso il trattamento sarebbe stato il medesimo. Quello che voglio dire, ok, la pratica del guest posting è una sorta di autopromozione che Google mal digerisce, ma se io utilizzo un’altra entità, inventata o reale, che, non so, ad esempio di questo tuo articolo crea un estratto veloce e lo pubblica su di un sito dotato di una certa autorevolezza e ivi crea un link allo stesso, Google come si comporta? Come può stabilire che è una pratica scorretta?
    Ciao e grazie

    • LowLevel scrive il 4 August 2014 at 09:54

      @fifamomentum: Ciao.

      > Il valutatore umano di Google ha ritenuto la pratica sconveniente, ok, fin qui tutto fila.

      C’è una precisazione da fare su questo punto: il valutatore non ha valutato necessariamente quello specifico link più di altri. Quello che ha fatto è stato osservare l’intero profile di backlink che puntavano al sito del tizio ed ha notato una situazione complessiva palesemente non naturale.

      Detta in altre parole, il link proveniente da LaCòz era semplicemente uno dei tanti e non è stato la causa della penalizzazione, ma al massimo è stata una delle tante conferme dell’abitudine del tizio di votarsi da sé. La presenza di quel link tra quelli segnalati da Google significava: “Abbiamo notato tra le altre cose che fai guest blogging anche per crearti backlink, cerca di darti una regolata.”

      ma se io utilizzo un’altra entità, inventata o reale, che, non so, ad esempio di questo tuo articolo crea un estratto veloce e lo pubblica su di un sito dotato di una certa autorevolezza e ivi crea un link allo stesso, Google come si comporta? Come può stabilire che è una pratica scorretta?

      Limitatamente alle valutazioni manuali, il dipendente di Google non ha l’obiettivo di stabilire se ciascun specifico link è non naturale. Quello che il valutatore fa è osservare il profilo di backlink di un sito nel suo complesso e stabilire se c’è una sovrabbondanza di link palesemente non naturali.

      Se i link vengono creati esplicitamente dal soggetto che ne beneficia o se vengono creati da terzi per conto suo o attraverso profili falsi, dal punto di vista di Google non cambia niente, perché il profilo complessivo di backlink continua a possedere le caratteristiche che emergono quando i link vengono creati più o meno direttamente da chi ne beneficia.

      Un profilo composto da backlink prevalentemente spontanei è profondamente diverso rispetto ad un profilo di link creati “per spingere su Google” da qualcuno che ha interesse per farlo. Ad un occhio allenato, diventa subito palese. Tant’è che i bravi link spammer sanno che devono prima creare una condizione che giustifichi agli occhi di un esaminatore la nascita o l’aumento di link online. Se proprio si decide di simulare un fenomeno naturale, bisogna simularne anche le cause, non solo gli effetti.

  12. Web Assistant scrive il 4 August 2015 at 23:28

    Non conoscevo esattamente il caso ma ora che ho letto l’articolo ho le idee ben più chiare. Grazie 🙂

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

More in Just SEO
Tutto quello che (non) sappiamo su Google Hummingbird

Una persona mi ha chiesto come mai, tra i post di LowLevel.it dell'ultimo periodo, non ho pubblicato nulla su Hummingbird...

Close