Perché si cambia strada e tutti gli sforzi per non apparire un guru

Termino questo 2011 bloggarolo raccontandovi un po’ di più su me stesso e sulle mie scelte, sia passate sia legate ad alcuni obiettivi che mi sto dando con LowLevel.it. Spero che qualcuna delle considerazioni possa essere utile per chi leggerà.

Su LowLevel.it e sui cambi di rotta

LowLevel.it è nato per ragioni strettamente terapeutiche.

Quando ho iniziato a scrivere con costanza sul blog, nel marzo del 2011, avevo chiuso da poco più di un anno una fase della mia vita professionale piuttosto significativa. Un’esperienza di oltre tre anni in agenzia mi aveva permesso di interagire con colleghi e clienti in contesti che non sarebbe stato possibile raggiungere con la stessa facilità se avessi continuato a fare il freelance.

Il ritorno all’attività di freelance è stato poi dettato da una maggiore comprensione di ciò che desideravo da me stesso e sopratutto di ciò che non desideravo, seguendo quella che poi ho chiamato “la cura del rifiuto”, sulla quale forse un giorno scriverò qualche riga.

Quello che forse si può immaginare meno è che la scelta di abbandonare un lavoro da dipendente non è stata il prodotto di considerazioni professionali ma solo una conseguenza di una scelta più ampia e presa a monte sulla qualità della vita e su quei valori, anche lavorativi, che mi sarebbe piaciuto curare e sviluppare nel tempo.

Sommergerci interamente in un lavoro, specie se regolato da ritmi e scadenze di un contratto da dipendente, rischia di farci perdere di vista obiettivi più generali. La nostra attenzione può essere monopolizzata interamente dai meccanismi aziendali, tanto che soffermarsi a pensare a ciò che si sta facendo non è un atto che viene spontaneo fare.

Cominci a credere che il paradigma che osservi sia l’unico possibile o il migliore per raggiungere gli obiettivi. Il che può anche essere, ma solo se riesci a dimostrarlo, non dandolo per scontato.

Io ho avuto la fortuna di riuscire a fermarmi per quei pochi minuti che sono stati sufficienti a chiedermi: sono compatibile con i meccanismi dei quali sono un ingranaggio? Questi meccanismi stanno andando in direzione delle evoluzioni del settore in cui lavoro? E’ possibile ottimizzare questi meccanismi? In che tempi? Attraverso quali processi? Con quante e quali risorse? Con quali effetti collaterali negativi? Che soddisfazione trarrei nel riuscire ad apportare tali migliorie? Sono interessato ad investire il mio tempo in queste attività di ottimizzazione? E sopra ogni cosa: in che modo posso ottenere il massimo beneficio al costo minore per me stesso?

Guru meditation

Alla fine ho preso, egoisticamente, la decisione per me più comoda e quella che mi avrebbe permesso di raggiungere i miei obiettivi personali nel più breve tempo possibile, con i costi minori e incrementando considerevolmente la qualità della vita.

Rinunciare ad un lavoro in azienda per intraprendere nuovamente una strada da solista era un po’ come fare un salto nel buio perché, a differenza di quanto si potrebbe credere, io non ho mai avuto una chiara percezione di quanto sia (ri)conosciuto nel settore del search marketing e non avevo idea se la nuova strada sarebbe stata in discesa o in salita. L’aiuto di Piersante Paneghel e degli altri amici/colleghi di SearchBrain ha poi reso questa mia fase di cambiamento quanto di più liscio e piacevole si possa immaginare.

Perché LowLevel.it mi fa bene alla salute

L’apporto benefico delle mie attività da scribacchino su LowLevel.it deriva dal fatto che, dovendomi rimettere in discussione come individuo prima ancora che come professionista, mi sembrava coerente farlo in un contesto di discussione pubblica.

Da un lato, scrivere articoli su temi di search marketing mi dà la possibilità di condividere con altre persone quel poco che so, attività che mi è sempre gradita perché ho un debole per la divulgazione. Dall’altro, l’interazione con altri professionisti che spesso ne sanno molto più di me mi permette di tenere a bada quelle pulsioni egocentriche che sarebbero in grado di farmi perdere obiettività sui temi discussi.

Non che io sia sordo di fronte ai genuini complimenti che ricevo saltuariamente riguardo quanto comunico, solo che discutere nei commenti e sui social gli argomenti trattati sul blog mi aiuta a ricordare di far parte di un ecosistema nel quale di persone in gamba ce ne sono parecchie.

Le opportunità di interazione che nascono scrivendo su un blog permettono di avere misura di sé stessi, quantificare e qualificare la propria cultura in base a quella che si osserva in altre persone, comprendere le proprie lacune e gli ambiti di possibile miglioramento, ragionare su spunti e osservazioni ricevute da altre persone e a volte far pratica di diplomazia e di tecniche di comunicazione.

In tal senso, l’attività sociale svolta su LowLevel.it rappresenta uno degli ingredienti base per la ricetta di “vita sana” che seguo da quando sono freelance.

Nonostante tutte le premesse apparentemente modeste (non lasciatevi ingannare: sono frasi artate per malcelare la positiva considerazione che ho di quanto scrivo) rimane però un dato di fatto incontrovertibile: mettersi a scrivere su un blog equivale inevitabilmente a mettersi in mostra sullo scaffale del supermarket mediatico.

Andare a fare il guru

Sebbene io consideri LowLevel.it una manifestazione personale del sottoscritto, è invitabile che quanto detto rientri poi nell’identikit professionale che le persone si creano di me. Al di là della persona, sullo scaffale c’è un prodotto.

GuruDove sta il problema? Il problema è che l’esposizione eccessiva in un contesto professionale (su LowLevel.it parlo in buona parte di search marketing) induce le persone ad attribuirmi sia qualità da esperto sia, con mio rammarico, anche una certa aura di “guru“.

Io credo che il fenomeno sociale della creazione di un guru, ovvero quanto avviene a seguito di attribuzioni e riconoscimenti che superano un sano livello di buonsenso, produca solo danni culturali.

Il fenomeno nasce a seguito dell’incessante necessità della gente di individuare punti fermi e certezze alle quali ancorarsi nei momenti di dubbio o perplessità. Nel fare ciò, viene sottratta importanza al contenuto e assegnata importanza al soggetto che lo veicola.

La validità di un’affermazione, dunque, rischia di essere calcolata non più a seguito di una sua analisi ma, quasi prescindendo dai contenuti, principalmente in funzione di chi la pronuncia.

Questo fenomeno ha effetti devastanti.

Il danno più grosso prodotto è rappresentato da un generale disallenamento delle capacità di analisi e di critica. Siccome credo che il search marketing sarà sempre più una disciplina svolta al meglio attraverso pratiche consulenziali, percepisco un rischio per la qualità dei servizi che verranno offerti in futuro ogni qualvolta osservo situazioni in cui non viene allenata la capacità di pensiero autonomo.

Nel settore SEO il fenomeno viene inoltre alimentato dalla generale convinzione che nel SEO tutto sia empirico e che tutte le affermazioni vadano considerate opinioni. Questo è falso. Come in ogni disciplina esistono sia opinioni personali sia verità constatabili.

L’esempio migliore che mi viene in mente è stato quello vissuto durante il SEO Swing, il corso tenuto per YoYo Formazione nel febbraio 2011. Durante una delle giornate, avevo mostrato come un’informazione che girava da un po’ di tempo tra gli addetti ai lavori fosse in realtà non corretta.

Il messaggio passato (e persino veicolato attraverso un tweet, se ricordo bene) era stato “Enrico Altavilla dice che questa cosa non è vera.”, quando in realtà chiunque poteva determinare autonomamente e in quello stesso momento come stavano le cose svolgendo un micro-test; bastavano poche query fatte a Google.

Facciamo un esperimento, prendiamo la frase di cui sopra e sostituiamo “Enrico Altavilla” con “Un pinco pallino”: “Un pinco pallino dice che questa cosa non è vera.”.

Se l’obiettivo didattico è quello di sviluppare nelle persone un approccio sano al search marketing, un approccio che non può rinunciare a pratiche di analisi e valutazione delle informazioni che riceviamo ogni giorno, una frase del tipo “Un pinco pallino dice che questa cosa non è vera.” può forse solleticare quelle corde psicologiche di dubbio e scetticismo che, per l’obiettivo prefissato, sono funzionali allo nascita di una volontà di critica.

Questa è la ragione per la quale storco sempre un po’ il naso di fronte a tutti quei contesti formativi o mediatici in cui l’appeal di un evento è rappresentato in buona parte dai nomi e cognomi ed in misura minore dagli argomenti o attività previste. L’enfasi che sto mettendo nel promuovere il SEO Rock, per esempio, è tutta spostata su quanto l’evento sia innovativo e molto meno su chi saranno i consulenti che ottimizzeranno i siti web in tempo reale.

Uno degli obiettivi che mi sono dato con LowLevel.it consiste nel gestire la mia visibilità senza essere trasformato da altri in un guru di riferimento, non per le criticità che potrebbero nascere per me (ci sono prospect che credono che io abbia superpoteri, il mio primo compito è quello di riportarli con i piedi per terra) quanto perché vorrei contribuire a far comprendere che la qualità di un’informazione non è un parametro calcolabile in base a chi se ne fa veicolo (né a quante persone se ne fanno veicolo).

Insomma: “kill” the media guru.

Conclusione

E’ stato un buon anno, per questo blog. A rileggerci nel 2012, se vi va. 🙂

11 Responses to Perché si cambia strada e tutti gli sforzi per non apparire un guru

  1. Fabio scrive il 31 December 2011 at 11:28

    Ottimo post, ottimi contenuti e riflessioni.
    Mi permetto però di muoverti una critica. La presenza costante ad eventi che sono gestiti sempre dalle stesse persone (che, al contrario tuo, dell’essere considerati “guru” fanno il loro mestiere) non giova alla tua reputazione o per lo meno, sono in antitesi con le tue intenzione dichiarate.

    Il vecchio detto “chi non ha talento insegna” ultimamente mi sembra molto vero per il SEO italiano e provo sempre un senso di fastidio quando vedo il tuo nome e quello di Piersante mischiato ad altri che per talento e passione non siete secondi a nessuno.

    Considerazioni personali ovviamente, ma molto sentite visto che mi considero parte viva dell’ecosistema web italiano.

    • LowLevel scrive il 31 December 2011 at 11:58

      @Fabio: son contento che ti sia piaciuto. 🙂

      Riguardo la critica: se uno dei miei obiettivi è contribuire nel mio piccolo allo sviluppo del search marketing in Italia, a vantaggio di chi va la mia partecipazione ad un evento, posto che i contenuti che porto siano validi (il che sarebbe comunque tutto da dimostrare)?

      Chi era ad organizzare o gestire quegli eventi? E’ importante il soggetto o il contenuto? Anche in questo contesto applico lo stesso approccio indicato nel post, de-enfatizzando i soggetti e attribuendo importanza ai contenuti.

      Il messaggio che volevo veicolare, e che leggendo la tua critica mi viene il dubbio di non essere riuscito a comunicare correttamente, era quello di imparare a prescindere dai soggetti quando si valuta un contenuto.

      Se dal mio punto di vista il contenuto di un evento è valido, sono incentivato a tornarci. Se a mio parere non è valido, non sono incentivato a tornarci. Tutto qua. 🙂

  2. alessio scrive il 31 December 2011 at 12:17

    Respect.
    Ci vediamo l’anno prossimo, al SEO Rock.
    Intanto Buon Anno, Enrico. 🙂

    • LowLevel scrive il 1 January 2012 at 05:57

      @alessio: Buon anno anche a te, ci si becca al SEO Rock! 🙂

  3. Fabio scrive il 31 December 2011 at 13:42

    @Enrico: hai ragione, faccio autocritica, è che probabilmente mi aspetto cose che non si possono ancora sentire in Italia.

    All’ultimo evento di Madri di ottobre, per fare un esempio, sono rimasto molto deluso proprio dai contenuti. Mi è sembrato tutto molto banale. Le uniche note di merito sono state le esperienze portate da te e Piersante, che hanno dato una nota di valore a contenuti per me ovvi e scontati.

    Ho avuto solo un sussulto quando hai detto : “bene ora parliamo di LDA, Topic modeling, semantica e microformati” era proprio quello che volevo sentire … invece era uno scherzo 🙁 e tutti erano sollevati tranne me 😀

    Probabilmente sono il target sbagliato per questo tipo di eventi.
    Avrei altre mille cose su cui filosofeggiare, ma non è questo il luogo giusto. Ci si vede se riesco a Treviso.

    Ne approffitto per augurarti un 2012 pieno di “buon trust” e ” ottimi social signals” 😀

    • LowLevel scrive il 1 January 2012 at 06:11

      @Fabio: io sto ancora ragionando sul metodo migliore per fare divulgazione e per proporre una formazione di qualità. So solo che più il tempo passa e più vorrò dedicarmi ad una formazione personalizzata e sul campo, come avviene già con alcuni miei clienti, invece che a corsi “general purpose” aperti a centinaia di iscritti. Ma è un discorso complesso, perché vorrei anche capire se posso contribuire a far crescere il settore proponendo il mio supporto per la progettazione della didattica di eventi organizzati da altri. Vedremo come le cose si svilupperanno in futuro.

      Ti auguro un 2012 ra(nke)ggiante! 🙂

  4. Giovanni Cappellotto scrive il 1 January 2012 at 00:20

    A pochi minuti dalla mezzanotte del 31 leggo il tuo post e ci ritrovo tanto di quello che penso. Scrivere e raccontare è una cosa che si fa per se stessi, perché piace raccontare storie e non si resiste alla tentazione di farlo quando si scopre qualcosa che piace. La molla è sempre la curiosità, la voglia di scoprire il rapporto causa effetto e vedere, appunto, “l’effetto che fa”. L’importante è non prendere risultati per leggi della fisica, conservare il dubbio e la voglia di controllare e, soprattutto, mantenere un rapporto ironico con sé stessi.
    Buon Anno e Mille Auguri.

    • LowLevel scrive il 1 January 2012 at 06:16

      @Giovanni: E’ vero, raccontare storie è piacevole e terapeutico. Sono contento che tu ti ci ritrovi un po’ e spero solo di riuscire a scribacchiare sul blog in maniera decente. 🙂 Auguri di buon anno!

  5. Carmelo scrive il 1 January 2012 at 13:03

    Anzitutto Buon 2012 a tutti!

    Enrico io non ti conosco personalmente, ma su di te ho un ottima opinione, leggendo ciò che scrivi.

    Qui c’è qualcosa che vale la pena di leggere e anche commentare… io personalmente ho sempre focalizzato la mia attenzione sui contenuti. Infatti, non ho mai indagato molto su chi scrive, ma su cosa scrive e perché lo scrive!

    E anche per questo motivo a me non ha mai interessato partecipare a convegni sull’argomento SEO anche se li avevo a pochi metri da dove abito.

    Nelle convention è sempre il nome di chi è presente a etichettare la qualitá o meno degli argomenti e delle risposte alle varie domande…

    E neanche la fonte dell’informazione sembra importante, ma coloro che fánno da “vettore” causando poi l’effetto virale. Ma bisogna testare personalmente le cose, tenendo a mente che ciò che funziona in un contesto, non è detto che funzioni anche in un altro, ma il vero mistero è = per quanto tempo funzionerá?

    Io sono dell’idea che neanche il blog di “Matt Cuts” sia una fonte affidabile di informazioni, perchè ormai l’algoritmo di Google era diventato talmente complesso, che in realtá é stato semplificato… ma facendo credere a noi SEO che ora ha 200 variabili algoritmiche?

    Basta dare un’occhiata veloce a qualsiasi SERP per accorgersi che i valori utili oggi al posizionamento, sono quei soliti 4-5 di sempre (altro che 200) cioè : nome a dominio, title, description, meta tags e pagerank!

    un saluto.

  6. nelli scrive il 10 January 2012 at 10:15

    Ciao Enrico, quoto al 100% le considerazioni sulla qualità della vita, che esattamente 3 anni fa mi fecero fare la tua stessa scelta: da posto fisso a libera professionista. é un altro modo di lavorare e di vivere.
    Sul bisogno di leader e guru è inevitabile, ma fai bene a cercare il confronto con gli altri. si mantiene la giusta aderenza alla realtà.
    I convegni, i corsi, gli eventi … spesso servono anche dal lato umano e relazionale, non solo per la parte strettamente lavorativa. Si impara molto anche parlando con colleghi.
    🙂
    buon anno!

  7. Pietro aka shiftzero scrive il 18 January 2012 at 23:10

    Caro Enrico, leggo dopo quasi un mese questo tuo post e non solo mi ci ritrovo ma per giunta lo leggo con l’occhio di uno che il dipendente non l’ha mai fatto, vuoi per le ragioni che ti hanno portato a fare questa scelta, vuoi anche per un percorso di vita personale e professionale che sin dall’università mi ha proiettato nella libera professione (oggi a capo di due aziende).

    Per la questione guru è inevitabile che sia così. L’uomo ha bisogno di riferimenti e chi scrive – bene – su un determinato argomento e chi si mostra (volontariamente o involontariamente) esperto della materia non può che divenire, per molti e soprattutto per i principianti, il guru da cui apprendere.

    Il problema che pongo, se ti va di chiacchierarci su, è la ormai brutta e consueta abitudine “io sono amico di…”, come se fosse l’amicizia (spesso semplice conoscenza e spesso solo virtuale) a renderci più esperti agli occhi degli altri. L’assurdo è “se sono amico di Enrico allora sono bravo anche io”.

    Ti saluto e spero di vederti presto, magari al SEO Rock!
    P.

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