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Progettare un querybot per posizionarsi su Google Suggest

Riprendo l’idea del posizionamento su Google Suggest introdotta in un articolo precedente per impostare la progettazione di un querybot per la simulazione di ricerche su Google.

Posto che l’aumento di visibilità di una query su Google Suggest può essere conseguenza di fenomeni che vanno ben oltre l’incremento di ricerche della query, ho ritenuto comunque opportuno progettare un sistema che produca un volume minimo di ricerche sulla query da posizionare.

Questo è il comportamento che vorrò dare al querybot:

  • una distribuzione naturale delle ricerche durante la giornata
  • la simulazione di un affinamento della ricerca: prima [keyword], poi [keyword brand]
  • la simulazione del click sul link che punta al sito del brand (possibilmente senza sporcare le statistiche del sito con una reale visita)

Il primo dei comportamenti indicati l’ho ottenuto abbozzando graficamente una distribuzione realistica degli accessi dai motori di ricerca durante l’arco di una giornata (ho tratto ispirazione dai reali accessi di un sito) e sfruttandola come base per distribuire le query automatizzate.

Il querybot verrà chiamato da un cronjob e ad ogni chiamata effettuerà X query, con X che varia a seconda della fascia oraria e a seconda della quantità giornaliera di query che si intende raggiungere.

Per semplificare il calcolo di X, ho usato un semplice foglio excel, il cui risultato potete osservare nell’immagine allegata al post.

Foglio excel con la progettazione dei lanci del querybot

Progettazione querybot su foglio excel

Per calcolare il valore “Queries per script call”, è sufficiente fornire le seguenti informazioni:

Volume of daily queries to produce: la quantità complessiva di query giornaliere da effettuare. Tale quantità va calcolata in base al totale di query mensili che si desiderano e, per essere perfettini, dovrebbe in teoria essere variabile per simulare la diversa affluenza degli utenti sul web (e sui motori) durante l’arco della settimana. Ma per il momento mi accontenterò della simulazione delle fasce orarie.

Total activity in 24h: questa è la somma dei valori provenienti dal grafico “Hour activity”, che rappresenta una distribuzione abbozzata delle ricerche degli utenti nell’arco della giornata. I valori variano da zero (nessuna attività) a dieci (attività massima).

Script called every X minutes: questo dato indica ogni quanti minuti lo script per la simulazione delle ricerche verrà chiamato dal cron.

Immesse queste informazioni, la colonna “Queries per script call” (QSC) viene popolata con la quantità di query che lo script dovrà effettuare ad ogni chiamata.

Si noti che i valori QSC sono con virgola ma che ciò non rappresenterà un problema in fase di implementazione. Per esempio, se il QSC di una fascia oraria è 2,824858757, ad ogni chiamata lo script effettuerà due query (la parte intera di QSC) più una query condizionale, con probabilità pari a 0,824858757.

Tenuto conto che lo script verrà chiamato diverse volte durante la stessa ora, le query condizionali produrranno più o meno la quantità complessiva di query giornaliere che si desiderano raggiungere.

Il sistema progettato ha il vantaggio di mantenere fissa la frequenza di lanci dello script (così mi risparmio la modifica del cronjob) producendo senza difficoltà la quantità di query desiderata, che potrà anche variare nel tempo nel caso in cui dovessero cambiare le esigenze sui volumi da produrre.

Branding e traffico posizionandosi in Google Suggest!

Sono convinto che, nella percezione dell’utente, i suggerimenti di ricerca di Google o di altri motori di ricerca provengano semplicemente dal motore stesso. L’utente non sa che i suggerimenti ricevuti sono conseguenza di un calcolo statistico sulle ricerche più popolari o del momento e, per quello che gli riguarda, ricevere un suggerimento da Google implica che il suggerimento sia buono, perché tutto sommato proviene da un brand che negli anni ha investito per ottenere fiducia dalle persone.

L’effetto del suggest durante la digitazione della ricerca ha introdotto per la prima volta nel rapporto utente-motore un profondo cambiamento: in base a quanto il motore suggerisce, l’utente può essere indirizzato verso ricerche che all’inizio della digitazione non pensava di fare. In un certo senso, il suggerimento ha in parte la forza di distogliere l’utente dall’intenzione iniziale per portarlo su strade nuove e, auspicabilmente, verso traguardi per lui più utili o interessanti.

In che modo le aziende si pongono in questo morboso triangolo d’amore e odio utente-motore-azienda?

Le aziende che hanno investito nel proprio brand per diverso tempo, fino a farlo diventare popolare nel proprio settore o popolare in associazione ad un prodotto, possono beneficiare della visibilità aggiuntiva che deriva da Google Suggest.

Il fenomeno è molto evidente in quei contesti in cui le query che iniziano con una categoria di prodotto o servizio vengono “completate” dai suggerimenti del motore con i brand solitamente associati al prodotto. Il primo esempio che mi viene in mente è quello delle assicurazioni online, ma ne esistono diversi altri.

Un brand che appare in un suggerimento di ricerca si è meritato quello spot di visibilità perché ha investito per associare in maniera molto forte il proprio marchio con la tipologia di prodotto. Quello spot è la conseguenza di quanto alcuni utenti cercano, ma il brand viene suggerito anche agli utenti che all’inizio della digitazione non pensavano in maniera specifica a quel brand. E questo fenomeno rappresenta un’opportunità per aumentare il valore di un marchio e per ottenere nuovo traffico qualificato.

L’idea malsana

Da un po’ di tempo mi frulla per la testa l’idea di posizionare una query all’interno di Google Suggest. Solo un’immagine può trasmettere l’effetto che si potrebbe ottenere.

Esempio della visibilità che si potrebbe ottenere posizionandosi su Google Suggest

Clicca per osservare l'effetto finale

Il risultato ottenibile si discosterebbe dal classico posizionamento di un sito web nei risultati di una ricerca, perché presenta caratteristiche che mi affascinano e che, per quello che ne so, non sono state finora esplorate:

  • il suggerimento del brand avverrebbe prima ancora che l’utente effettui la ricerca (modifica del percorso di ricerca)
  • il brand verrebbe chiaramente associato ad una tipologia di prodotto (identità)
  • nella lista di suggerimenti, il brand sarebbe in buona compagnia di altri brand affermati (autorevolezza)
  • qualora l’utente selezioni quella ricerca, l’intera SERP risultante sarebbe incentrata sul brand (presidio della SERP)

Adesso, quelli di voi che mi conoscono penseranno che l’applicazione dell’idea avrebbe come inevitabile sfogo la simulazione di ricerche degli utenti. E mi conoscono bene, perché in effetti è così, tuttavia sarebbe errato pensare che l’obiettivo non possa essere raggiunto attraverso normali attività di marketing.

Per esempio, degli spot radiofonici potrebbero comprendere come messaggio finale una call-to-action in cui si invitano le persone a “cercare su Internet” [sic] “tipoprodotto brand“, al fine da indurre una nascita naturale delle ricerche che associano il tipo di prodotto al marchio da posizionare (per una volta, in tutti i sensi).

Va da sé che l’associazione non avverrebbe solo nella testa delle persone ma anche negli algoritmi di clustering del motore di ricerca.

Infine, se la ricerca consigliata risultasse poco digitata fino all’inizio della campagna radiofonica, un picco di accessi con quella keyphrase potrebbe anche essere considerato uno strumento di monitoraggio del ROI. Figo, no? Insomma, io lo trovo figo.

Di sinergia tra search marketing ed altri canali di visibilità si potrebbe parlare a lungo: ce n’è sempre stata troppo poca e a mio parere tanto si potrebbe fare per ottimizzare gli investimenti e ottenere maggiori benefici senza maggiorazioni di costo significative. Le idee non mancano, da sradicare è la gestione dei canali a compartimenti stagni o privi di una regia comune.

Ma torniamo agli aspetti più beceri: la simulazione di query. Le persone più attente su FaceBook avranno notato un mio strano screenshot che immortala le prime fasi della progettazione di un querybot. La faccenda mostra sfide piuttosto complesse.

Su questo progetto vi aggiornerò, come per tutti gli altri, strada facendo. 🙂

Whatsup 0.2: sorgenti dei dati e query importanti

Mappa realizzata con XMind di un cluster creato da Whatsup 0.2

Mappa realizzata con XMind di un cluster creato da Whatsup 0.2

Nel precedente post su Whatsup 0.2, segnalavo che una novità introdotta in questa nuova versione era l’indicazione di quali keyphrase, nei cluster, potevano essere considerate più importanti di altre. Ripubblico per comodità l’immagine del cluster già usata nel post precedente e vi invito a dare un’occhiata alle keyphrase evidenziate in neretto.

Ovviamente la definizione di che cosa è importante o meno è squisitamente arbitraria: acquisite informazioni e segnali che esistono attorno alle ricerche del momento, la scelta di che cosa considerare più importante l’ha fatta il sottoscritto.

Come ho deciso di muovermi? Innanzitutto dalla versione 0.2, Whatsup inizia ad acquisire dati da più fonti.

Riguardo le fonti dalle quali è possibile ottenere informazioni in tempo reale sulle ricerche degli utenti, degli hint ben espliciti erano stati dati pubblicamente già durante il mio intervento al Convegno GT del 2009, incentrato su Google News (ecco la presentazione usata durante l’intervento).

A colleghi e compagni di aperitivi, inoltre, ho sempre sciorinato diversi dettagli di metodo e implementativi: molto era sostanzialmente incentrato sul monitoraggio del Google Suggest del servizio Google News.

Whatsup 0.2 ottiene però informazioni provenienti da altri strumenti in grado di riportare dati in tempo reale sulle abitudini di ricerca degli utenti. Di bello c’è che tali nuove fonti sono ben compatibili con la fonte usata finora e consentono di incrociare i dati in maniera molto armonica.

Il concetto di “maggiore importanza” che ho tirato fuori è nato in modo molto spontaneo: ad essere considerate più importanti sono quelle ricerche riportate da più di una fonte. Una banalissima intersezione ha permesso di mixare sia la caratteristica di freschezza tipica del suggest di Google News sia aspetti più quantitativi, acquisiti da fonti molto usate dagli utenti ma aggiornate meno frequentemente o con criteri diversi di quelli usati da Google per il suggest delle notizie.

I risultati ottenuti, come potete notare dall’immagine pubblicata in questo post, non sono davvero niente male e le keyphrase evidenziate in neretto dall’algoritmo sembrano anche coincidere con le keyphrase che le fonti stesse indicano esplicitamente come le più cercate.

Ovviamente un dettaglio su quali siano le nuove fonti non verrà fornito, perché l’obiettivo dei miei post su Whatsup è quello di produrre un diario degli aspetti informatici del progetto e non un vademecum completo che permetta ad altri di replicare esattamente il mio lavoro.

Il prossimo post sarà incentrato sulla versione 0.3 di Whatsup e sulla produzione automatizzata delle mappe mentali.