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Questa opera di Enrico Altavilla è concessa in licenza sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
SEO e down Aruba: conseguenze, contromisure e prevenzione
E’ di questa mattina la notizia che mezza Italia è down a causa di un “principio d’incendio” in Aruba.it.
Scrivo questo brevissimo post nel tentativo di riassumere quali sono le conseguenze SEO di un evente simile e che contromisure potrebbero essere prese per evitare danni in futuro.
Va da sé che la quantificazione dei danni subiti dal down di un sito è strettamente correlata alla necessità del sito di rimanere online: siti che vivono di pageview perdono denaro ogni singolo secondo che non sono online. Siti la cui sopravvivenza è meno legata alle pageview e alla presenza online costante, possono subire danni economici minori, anche se mai nulli.
Conseguenze SEO
Quando un sito è down, il motore di ricerca tenta e ritenta di collegarvisi più volte, nel tentativo di comprendere la durata e gravità del fenomeno. Questo è vero sopratutto per i motori che hanno un crawling esteso e attento, come Google.
Nel caso in cui il down di un sito duri poco (fino a qualche ora) le ripercussioni sulla visibilità del sito sono minori: il sito può in teoria scendere di posizione nelle SERP, ma in modo contenuto. A volte la posizione rimane invariata.
Nel caso in cui il down di un sito duri molto di più, da 24 ore in su, le ripercussioni si fanno più serie, non solo perché la discesa nelle SERP è maggiore ma anche perché i tempi di risalita dopo la riattivazione del sito possono essere più lenti.
A prescindere dalla durata del down (poche ore o qualche giorno) in tutti i casi che ho osservato negli anni, i siti web sono sempre ritornati alle posizioni originarie, anche se la velocità di riacquisizione delle posizioni può essere lenta: da qualche ora a qualche giorno.
Contromisure SEO
Nel caso in cui l’intero server sia down ed il web server non è in grado di erogare nemmeno una risposta HTTP del tipo 503 (Service unavailable), allora non c’è modo di informare gli spider dei motori del disservizio temporaneo attraverso quegli stessi server.
Se però i server DNS del sito sono gestiti da una struttura differente da quella che gestisce i server temporaneamente down, è allora possibile modificare i record DNS in modo da farli puntare ad un host diverso. Se sul nuovo host è presente una copia del sito, esso tornerà raggiungibile e gli spider dei motori se ne renderanno conto in tempi solitamente brevi.
Nello specifico caso odierno di Aruba, chi aveva presso di loro sia i server web sia i server DNS, si attacca al tram.
Prevenzione per il futuro
- Usare gestori diversi per server DNS e server web
- Individuare un host che offra un servizio di ridondanza dei dati, su reti e infrastrutture non dipendenti da un unico fornitore
- Qualcuno di voi saprebbe segnalarne altre nei commenti al post?
Ottimo post Enrico, diciamo che aldilà di diversi gestori per i server DNS non ci sono tante soluzioni alternative.
L’unica cosa che mi viene in mente (limitando i danni) è quella di migrare verso server più stabili e sicuri, ma in Italia niente di tutto questo.
Come servizi di host, ho provato Namecheap e Netson, che hanno minori problematiche ma sicuramente un’assistenza tecnica impeccabile, rapida ed esaustiva.
1) passare tutto su register.it 😀
2) mettere un Unlike qui: http://www.youtube.com/watch?v=tragbw6myPs
PS: ottimo articolo Enrico
Usare una CDN potrebbe consentire di rintuzzare almeno la botta, ma se il mio sito fa uso di un database e quello è centralizzato, il mio sito non funzionerà comunque!
Una cosa è certa, se il mio sito è importante è bene che io abbia il mio server dedicato con un mirror da qualche altra parte, diverse server farm decenti hanno sedi separate che si mirrorano, quindi in un caso come questo la farm “alternativa” entrerebbe in funzione.
Register.it ha alcune problematiche noiose, tipo che quando sposti la gestione del dominio altrove, smettono _immediatamente_ di rispondere alle richieste dns e quindi durante i giorni di migrazione dei dns, per una parte degli utenti e dei motori il tuo sito _CESSA DI ESISTERE_.
Io non lo raccomando.
A mio giudizio la soluzione migliore
non è avere copie di siti su due macchine, con tutte le conseguenti complessità di gestione delle sincronizzazioni,
ma avere macchine virtuali definite su strutture hardware ridondanti e presenti su datacenter diversi.
Quindi la soluzione è cercare il fornitore tecnologico che risolve per te questi problemi.
Io ho sposato NGI da qualche anno, risolvendo metà dei problemi del settore,
ma sto guardando con molto interesse i nuovi servizi si SEEWEB che sembra risolvano all’origine anche il problema di disaster recovery del datacenter … sembra …
Io non raccomando *niente* che sia in Italia.
Non ha a che fare con il SEO ma con Adwords e può sembrare banale ma nel “panico” totale che può procurare un evento simile soprattutto se vendi online ci si può dimenticare delle proprie campagne Adwords: bloccarle immediatamente, perchè si perdono un bel po’ di soldi.
Secondo voi dal punto di vista seo ( non considerando i casi di down, attacchi ai server ecc ma posto che tutto funzioni) stare su un server aruba può penalizzare rispetto a stare su altri hosting o rispetto ad avere un server privato? Cutts dice di no ma… secondo voi?
@don: No, a meno che tu non abbia la sfiga di capitare su server utilizzati esclusivamente (o in gran prevalenza) per fini spam e potenzialmente “marchiati” da Google come “cattive compagnie”. Ma questo per gli shared hosting non avviene perché su un server ci va a finire ogni tipologia di sito.
Riguardo le “cattive compagnie”, consiglio di dare un’occhiata al Neighbourhood Checker di MajesticSEO.
My two cents.
L’incendio di Aruba in una immagine: http://img821.imageshack.us/i/incendioarubabyemessage.jpg/
…come sempre puntuale e preciso LowLevel!
3) Prima di mettere online una pagina di emergenza, assicuratevi che abbia un NOINDEX.
Ottimo post – come in tutte le cose c’è anche un’altra faccia della medaglia, anche se un po’ “black”.. 😉 http://www.matteomonari.com/seo/aruba-prende-fuoco-non-approfittatevene/
Ciao Matteo, credo/spero che il “giochino” che hai malignamente 🙂 suggerito sul tuo blog non servirebbe a molto, considerando che Google è in grado di accorgersi con estrema facilità di un down diffuso come quello odierno (che ha interessato alcuni milioni di domini), e determinare perciò che non si tratta di un problema riconducibile a un singolo sito.
Lo stesso Google Chrome, nel caso di un problema di connettività riscontrato da molti utenti contemporaneamente, può visualizzare un avvertimento come questo: http://twitpic.com/4qwt1q
Giacomo, credo/spero bene anche io (da coinvolto nel down in primis).
Mi è sembrata l’occasione “giusta” (maliziosamente parlando) per parlare di questa funzione che in pochi penso conoscano. Il post, come scritto in un tweet, è da prendere con la leggerezza con cui è scritto (e con la leggerezza dell’impatto che le segnalazioni citate hanno – specie in queste situazioni).
Concordo su quanto detto da @giacomo Pelagatti. Un down così diffuso, difficilmente passa “inosservato” a Google…anche se le penalizzazioni a livello SERP le faranno comunque.. 🙁
Volevo rettificare quanto scritto in questo commento: l’uso di NOINDEX abbinato a uno status code 200 potrebbe causare la deindicizzazione dell’URL. La cosa giusta da fare è erogare un codice di stato HTTP 503, eventualmente abbinato a un messaggio di errore user-friendly nel body (esempio).
Altro problema è di chi come me si è accorto dopo anni di pagare un gestore, con diversi piani plesk, che aveva “parcheggiato” tutto sulla farm di Aruba ad Arezzo. E dire che da anni consigliavo ai miei clienti di non andare su Aruba, che imbarazzo ieri spiegarlo a tutti…
non è necessarimanete vero che i gestori siano diversi , parlo del dns , basta solo che l’infrastruttura possa garantire più nodi remoti .
è inutile avere repliche e balle varie se poi i dati sono replicati presso lo stesso DC .
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