Lifetime value: da organico arrivano i clienti che spendono di più?

Sono stato colpito dai risultati di una ricerca svolta da Custora sul mercato USA.

La ricerca si chiama “E-Commerce Customer Acquisition Snapshot“, la versione che vi presento è valida per il secondo trimestre 2013 e, tra le altre cose, mostra i risultati di un calcolo del CLV (Customer Lifetime Value) per ciascuna tipologia di sorgente di traffico.

Si tratta di una ricerca molto grezza, la cui metodologia non è scevra da pecche che minano un po’ la fondatezza di certe conclusioni ma ve la voglio comunque presentare perché ritengo che, sottolineando le pecche e fornendo interpretazioni alternative dei dati, possa essere considerato un buon argomento di discussione davanti alla macchinetta del caffé.

Metodologia dello studio

E-Commerce Customer Acquisition Snapshot Lo studio, che potete scaricare in formato PDF dal blog di Custora, ha analizzato il traffico su due anni di 86 diversi venditori USA appartenenti a 14 diversi settori. Gli acquirenti valutati sono stati 72 milioni.

La definizione dei canali di acquisizione è avvenuta in modo estremamente grezzo, ovvero prendendo per buono quanto appariva scritto in utm_medium. Visto che aziende diverse hanno usato nomi diversi per riferirsi ad uno stesso canale, troverete in questo contesto un bel po’ di rumenta (il canale chiamato “Google” che è? Organico? SEA? Boh).

Il CLV è stato inoltre calcolato non sui profitti, come sarebbe corretto, bensì sulla semplice spesa complessiva effettuata dagli acquirenti su un periodo di due anni, calcolati a partire dal loro primo acquisto, il cui importo è stato incluso nel calcolo della spesa.

Ci sono altri dettagli sul calcolo che vi invito a leggere dallo studio ufficiale, perché posso mica trasformare st’articolo nella sterile traduzione di una news…

Lifetime value diviso per canale di acquisizione

La comparazione tra i diversi canali è stata effettuata calcolando in che percentuale ciascun canale fosse sopra o sotto il CLV medio ed è venuto fuori che i canali “Organic” e “PPC” sono stati quelli che hanno contribuito maggiormente a far incrementare la spesa media mentre i fanalini di coda sono i canali “Facebook” e “Twitter”.

Che significa tutto ciò? Probabilmente niente, ma prima di passare alle interpretazioni critiche ho piacere a mostrarvi il grafico con i risultati.

Customer Lifetime Value per canale

Interpretazione dei risultati

Cominciamo col dire che non è corretto attribuire il merito di un cliente che spende di più alla natura del canale. E’ più corretto attribuire la diversità di spesa alla diversità di attività di marketing svolte dalle aziende su ciascun canale. Pertanto il valore di un canale non è mai intrinseco ma sempre una conseguenza del tipo di attività per le quali è stato sfruttato.

Non ci è dato sapere in che modo le aziende appartenenti al campione abbiano impiegato gli investimenti in SEA e come li abbiano impiegati su Facebook o Twitter. Per conferire al cliente proveniente da SEA un lifetime value superiore sarebbe sufficiente che le aziende avessero pianificato sui motori di ricerca delle campagne di advertising con obiettivi di acquisizione clienti da fidelizzare sul lungo termine e sui social network delle campagne più appetibili a clienti estemporanei di cui è accettabile la natura usa-e-getta.

La seconda grande perplessità nasce dal fatto che in un epoca fatta di modelli di attribuzione multicanale, c’è il serio rischio che lo studio abbia assegnato l’appartenenza ad un canale sulla base del solo ultimo click degli utenti. Se ciò fosse vero, la conseguenza sarebbe un’errata o quantomeno imprecisa attribuzione degli acquirenti ai canali di provenienza.

La terza considerazione è in parte legata alla prima e cioè che nel contesto dei social network ha molto senso sfruttare la natura disimpegnata del mezzo per proporre prodotti e servizi dai costi contenuti e più compatibili con gli acquisti d’impulso. La conseguenza sarebbe che, fisiologicamente, la spesa degli utenti su questi canali sarebbe in media più bassa rispetto a quella degli utenti acquisiti attraverso forme di inbound marketing come organico o SEA.

La quarta considerazione è che si parla di fatturato e non di profitti, pertanto l’intero studio andrebbe interamente rivalutato tenendo in considerazione i costi sostenuti dalle aziende per comprendere se e quanto un cliente che spende di più corrisponde anche ad un cliente che porta profitti.

Di considerazioni se ne possono fare diverse altre e come al solito ogni vostro commento al post non farà altro che rendere la discussione più interessante.

Lezione positiva da trarne

Al di là dei limiti dello studio, ho comunque gradito molto la volontà degli autori di andare ben oltre il primo click o la prima conversione e calcolare un abbozzo di lifetime value.

Credo che, applicando metodologie più rigorose, lo studio sia da sprono per calcolare un lifetime value diviso per canali di acquisizione sui siti vostri o dei vostri clienti (se già non lo fate, come avviene già in molte aziende).

P.S.
Pensavo che sarebbe interessante parlare di argomenti simili in qualche evento. Giusto per dire.

2 Responses to Lifetime value: da organico arrivano i clienti che spendono di più?

  1. Marco Volpe scrive il 29 June 2013 at 12:23

    Purtroppo sono ancora pochissime le aziende (soprattutto in Italia) che tracciano all’interno di uno strumento (CRM?) sia i costi di acquisizione dei clienti (CAC) che il ritorno generato nel tempo (CLV).
    E pensare che di strumenti adatti ce ne sono sempre di più…

  2. simone righini scrive il 21 August 2013 at 12:27

    aggiungo una considerazione: la maggior parte dei ricavi direttamente attribuibili all’ultimo clic proveniente da motore di ricerca sono tra l’altro spesso su keyword di brand, il che significa che magari quella persona ha conosciuto l’azienda (o il brand) su un altro canale, ed ha utilizzato il motore di ricerca solo per trovare qualcosa di cui era già venuto a conoscenza (il che cambia completamente il significato di attribuzione dei ricavi ad una “fonte” visto che in questi casi la fonte non è più reperibile, se non con sondaggi diretti).

    grazie per la segnalazione 🙂 studio interessante!

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